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Download della Piazza Di seguito sono elencati alcuni file da scaricare relativi alla Piazza di TOL, per vedere l'elenco completo vai nella sezione dedicata.
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Uninvited 23 Aprile, bellissimo pezzo in memoria delle vittime dei bombardamenti della seconda guerra mondiale by Fulvio. [Scarica]
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Persiane sul Marciapiede, l'opera che raccoglie la saga di Fulvio e delle sue persiane, pronto per la stampa in formato PDF. [Scarica]
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Libro della Piazza 2004, tutti i messaggi inseriti in Piazza nel 2004 pronti per la stampa in formato PDF. [Scarica]
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Libro della Piazza 2003, tutti i messaggi inseriti in Piazza nel 2003 pronti per la stampa in formato PDF. [Scarica]
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Libro della Piazza 2002, tutti i messaggi inseriti in Piazza nel 2002 pronti per la stampa in formato PDF. [Scarica]
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Libro della Piazza 2001, tutti i messaggi inseriti in Piazza nel suo primo anno di vita pronti per la stampa. [Scarica]
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Ultimi arrivi in Piazza Questi sono i nominativi, con relativo Nick, degli ultimi iscritti nella Piazza di TOL.
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I più assidui in Piazza Gli utenti più attivi in Piazza con il numero di messaggi da essi inseriti.
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Anna [Anna Maria Santilli] [26.06.2010 16:26] Erano bellisiimi e avvolti nel profumo della lavanda. Erano bellissimi e commossi. Sull'altare c'erano i fiori della camomilla, la paglia e , tra i capelli di Lei i mughetti: Quelli di sua madre quando andò sposa. Abbiamo palpitato sulle loro voci che si accoglievano l'un l'altra. Eravamo vicini, tutti. Le lacrime sono andate, dopo, in un abbraccio. Non importa come ci si parla. L'importante è capirsi. C'era "Stretto" e me lo sono abbracciato a lungo. Lui, il suo cuore e il "nostro" De Andrè. Ora festeggiano a Paganica.Sovraintende al pranzo Zia teresa con il suo grembiule bianco. Non si vede, ma c'è. Buona vita brdp e ziotta. Tutta la felicità del mondo. Lunga vita. E piena. E..Viva gli sposi!
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ciccio [Andrea Argentieri] [22.06.2010 19:37] Ciao Mr Sbrvlizzz grazie soprattutto del tempo, io me 'mpiccio ancora col taglia e incolla.....infatti per completezza aggiungo il verso mancante che m'ero perso: "nella pietà che sfigura il dolore" ciao tutti
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sbrvlizz [Fulvio Giuliani] [22.06.2010 00:56] credo di aver letto tra i primi e mi sono - come si dice - trattenuto dal lasciare commenti sul sito confesso che prima ho giocato con le "occorrenze"... 5 strofe. una da sette versi e le altre da otto rime baciate guidate da un unico titolo: STRETTO. ho un tavolo nello studio che è il monumento della creatività nel senso che sopra ci è poggiato di tutto. arnesi per smontare il pc o stringere il tubo del termosifone, colla per sistemare ogni cosa (anche le scarpe), carta di riso - gelosamente custodita - corde (vecchie e nuove) di chitarra, incensi, fatture da portare al commercilista, documenti chenonsidevonoassolutamenteperdere, tabacco da pipa, simil-tabacco, sigarette di almeno 4 marche diverse, un bicchiere che ricorda quello di Giallorenzo (.....), lampade bottiglie ecc. ecc. anche una scatola di pastelli colorati il gioco si fa così: si apre una pagina word si crea una tabella sulla prima riga 5 colonne sulla seconda riga si copiano e incollano le tue cinque strofe (viene un po' più lunga) si scelgono 5 colori si evidenzia ciascuna delle tue strofe il testo di ognuna si colora con uno dei colori scelti poi si prende un pastello (ad occhi rigirosamente chiusi) e si copia e incolla, in una pagina nuova, il primo verso della strofa del colore corrispondente, poi il secondo di un altro colore, poi il terzo di un altro colore ancora.... mi sono fermato a quindici versioni non si perde nenache la musicalità nel non rispettare l'ordine dei colori ognuna sta perfettamente in piedi uguale e, nello stesso tempo, diversa c'è anche la variante "shangay" e quella con le ripetizioni di colore CAHPEAU! provare per credere che bello, a volte, essere contemporanei.....
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ciccio [Andrea Argentieri] [21.06.2010 17:45] Grazie Anna, ricambio bacio e abbraccio, sei veramente cara. Ciao Francesca, è assolutamente una citazione, mentre stavo scrivendo "c'era un cartello" mi è venuto in mente tutto il resto e l'ho aggiunto......l' ho cantata e sentita cantare troppe volte quella canzone! Molto del bello nell'ombra del mondo che mi scivola intorno ho imparato a riconoscerlo grazie a De André. Ciao
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Anna [Anna Maria Santilli] [21.06.2010 13:44] Non lasciarci stare Andrea. Non lasciarci stare, visionario e immaginifico ragazzo. Posso chiederti...ancora? Ti bacio e ti abbraccio.
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Francesca [Francesca Tosi] [18.06.2010 08:41] grazie anche per la citazione di de andré. voluta o meno... ça va sans dire!
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ciccio [Andrea Argentieri] [17.06.2010 23:23] Prometto che dopo questo vi lascio stare. Il titolo di questo racconto l’ho lasciato dove l’ho trovato, alla fine. Ero voltato verso Rocca di Cambio, per completare con l’unico scenario illuminato, il ricordo che avrei avuto negli anni a venire dei ragionamenti sciolti nell’aria scura e mite di quella sera d’estate. La discesa agevolava dolcemente lo spirito contemplativo, mentre lo sguardo si acuiva abituandosi a quella semioscurità. In quel posto si passa, oramai da generazioni, per proteggersi dal feroce giudizio della saggezza, per lascia scoppiare ogni indomito tormento facendolo bruciare sotto il sole a picco e sopra il fieno secco, oppure per lasciar asciugare un amore lacrimevole su un pungente, verde e profumato tappeto di tempo eterno. Di notte si può chiedere in prestito il silenzio al sentiero che taglia e aggira le piccole gobbe di rocce di sentinella verso sud, in una platea violata solo dalla luce delle stelle e dei paesi lontani, segnato e protetto da una piccola croce di ferro. È anche un invitante scorciatoia, nelle sere goliardiche, per saltare, senza troppe cerimonie, dall’ora dell’amaro a quella del brulé, in qualsiasi stagione. La sinuosità di quelle curve all’inizio avvolge e offre riparo, ma ben presto costringe al confronto col ritorno, rompendo quelle sfumature di luce che segnano il cammino, con l’abbagliante durezza dell’illuminazione di Terranera puntata dritta negli occhi. L’impasto di fiaccole verdognole aveva qualcosa di diverso però quella sera, sembrava un bicchiere sporco in controluce e quando arrivai vicino a quello che doveva essere il cartello d’entrata, vidi l’acquazza procedere dentro il paese aggrappandosi alle pareti alle strade, ai tetti e alle luci. Avanzai seguendo l’intuizione di un qualcosa stipata sotto quel lenzuolo grigio, un qualcosa che mi ci è voluto tutta la notte per capire bene cos’era. Avevo appena cominciato a camminare nell’abitato quando sul suolo breccioso e compatto della Pagliara mi parve di vedere una serie di solchi vicini e irregolari. Abbassandomi riuscii a capire che quei graffi nella terra erano una scritta, girandomi verso Rocca di Mezzo, con un po’ di fatica lessi queste parole: …………Nel silenzio di un atto d’amore Nella confusione dello splendore In un grido dentro al rumore In un ritardo di migliaia di ore In un numero, una pietra, un colore In un libro di storie d’onore In un’immobile maschera di sudore…… Dovetti rileggere parecchie volte quei versi, finché riuscii a ricordarli chiudendoli e serrandoli in una filastrocca. Risollevandomi feci stranamente caso ai pantaloni che indossavo, il tempo me li aveva fatti ritrovare piuttosto aderenti, consunti e decisamente fuori moda, immaginai, non senza sorridere, le parole che avrebbero detto i miei amici se fossero stati lì “te sci remisso ji jeans de soreta?” (cosa mai avvenuta). Passai oltre cercando di seguire la scia della funesta bruma strisciante verso u coll’pert. Mi immersi nel freddo abbraccio e in pochi passi arrivai in Portella, dove le immancabili automobili parcheggiate, formavano la coda luccicante che di giorno in agosto si agita al ritmo del richiami materni e delle mille inevitabili e inutili cose da fare. Mentre le scorrevo diretto verso il serbatoio, per spiare dall’alto la strada segreta della coltre fumosa, notai un furgone, uno di quelli che sul cassone scoperto portano in giro le pubblicità. Non ne ero sicuro, ma a memoria non mi pare di averne mai visto uno in quel posto, allora rallentai incuriosito per cercare l’annuncio commerciale che esibiva. Ci girai intorno perché il messaggio era dalla parte del veicolo rivolta verso la parte accostata alla parete di sassi. Procedendo di profilo lungo il muro come in una rappresentazione egizia, arrivai dove potei finalmente leggere. Su uno sfondo giallo c’era una scritta nera diceva: ……..Nel cielo che lentamente si spezza Nella speranza dall’incertezza Nella inevitabile matura amarezza Tra ingenuità e purezza In un sorriso senza dolcezza Nella ricerca di una propria destrezza Tra passione e tristezza Tra talenti mai all’altezza…….. A quel punto capii che quello che stavo cercando quella sera erano parole e per trovarle avrei dovuto restare dove c’era luce, anche se questo avrebbe significato rimanere immerso nell’ atmosfera che invece avrei voluto sfuggire. Allora mi voltai e affrettai il passo verso il Morrone. Per l’ansia della curiosità e il freddo dell’umidità, le gambe cominciarono a tagliare l’aria come fossero forbici e il cuore cominciò a sbattere come un copertone bucato. Andai finché ad una certo punto per la spossatezza fui costretto a fermarmi, giusto il tempo di esclamare tra me e me “mon dieu….je suis fatigué”. Girando la testa verso destra, mentre ancora ansimavo per l’improvviso sforzo, vidi appesa davanti alla porta di una maison una di quelle tende fatta di lingue di plastica che andavano di moda alcune estati fa. Proteggevano malamente dagli insetti e per accogliere i visitatori ci si sporgeva con la voce prima ancora che con un mezzo viso. Tutte avevano disegni di dubbio gusto, quella aveva una scritta, che riuscii a decifrare solo tenendo stirate le strisce contro la porta perchè le leggere maleodoranti folate le agitavano in continuazione. Lessi quanto segue: ……..Nella stanchezza della pazienza In uno sfogo in dissolvenza Tra sacrificio e penitenza In uno stile senza eleganza In poche righe per conoscenza Tra i fantasmi dell’ignoranza In un bisogno di colta violenza In una tragedia senza importanza………. Dopo un po’ di volte che scorrevo quelle righe devo essermi distratto nel tenere schiacciati quei nastri colorati contro la porta, perché il battente di ferro su una delle ante, improvvisamente emise un rintocco secco che risuonò echeggiando negli ampi locali dell’abitazione. Quello che seguì non posso certo definirlo un dialogo, ebbi uno scambio di battute con una voce indomita, sciupata dalla sua stessa forza e dall’usura, distorta dalla sorpresa e tuonante per vendicare una bellezza mai esibita. Mortificato per la mia imperdonabile indelicatezza, azzardai una maldestra richiesta di indulgenza in un’altra lingua, mormorando un confusissimo e pietoso “je suis desolé”, piazzato lì come un biglietto anonimo stipato a forza sotto una porta chiusa. Fallito miseramente il tentativo di comunicazione fui incalzato da giudizi poco rispettosi del mio albero genealogico, nonostante l’anonimato che mi proteggeva. Allora fui costretto a riprendere piuttosto rapidamente il cammino, senza dirigermi però dove ero stato invitato ad andare. Oltrepassai le piastre e ritornai dove i suoni accompagnano indissolubilmente le immagini per raccontare gli eventi. Sentivo crepitii ad ogni passo e quel rumore rimbalzava da un muro all’altro delle case che fiancheggiavano il mio cammino. Alzai lo sguardo come per seguire ogni vibrazione che, sbattendo a destra e a sinistra, sembrava smorzarsi solo nel cielo scuro. Vidi così le luminarie della festa, tese tra un cantone e l’altro di quei vicoli, brillare come fossero accese grazie ai riflessi sul vetro delle lampadine. Non disegnavano le forme che ricordavo da sempre, ma piuttosto erano missive indicanti un percorso, non so se da seguire o da evitare. Comincia a leggere e all’improvviso quello che sentivo non era più l’eco soffuso dei fruscii dai miei movimenti, ma il riverbero di quelle parole nella mia mente. La sequenza mi pare fosse la seguente: ……Nel respiro di tutte le sere Nell’angoscia che non voglio temere Nei grani di troppe preghiere Tra le solite due primavere Nel vago sconosciuto piacere Negli ingorghi del futuro sapere Nell’etica senza potere Nell’eterno rassicurante dovere……… A quell’ultimo verso fermai il mio incedere e mi resi improvvisamente conto di essere davanti all’entrata laterale della chiesa. Avevo attraversato il cuore del mio paese senza rendermene conto, in quel momento mi sentii stranamente sazio. Ripensai a tutte le parole raccolte in giro fino a quel momento e un po’ stordito me ne tornai barcollando a casa. Entrai pronto a barattare tutte le emozioni della nottata per non affrontare quei pochi passi fino al letto. Mentre arrangiavo gli ultimi gesti prima del meritato congedo, mi voltai verso l’alta finestra che ha sempre raccolto i colori meravigliosi con cui ricordo dipinta la mia stanza. Forse per ingordigia approfittai di quello spunto panoramico e mi arrampicai fin oltre il davanzale. Accesi l’ultima sigaretta per consumare quel poco tempo rimasto prima dell’alba. Dalla prima all’ultima boccata mi risuonarono in testa strane parole che ho ricordato solo recentemente: …….In un morso domato col guanto Nelle maglie del controcanto Nell’orizzonte color amaranto Nella fretta di fronte all’incanto Nel pudore di un animo affranto Nel disgusto di ogni rimpianto In una notte tradita nel manto In un occhio socchiuso quel tanto……. Quella mattina venne da me il mio amico carissimo mentre facevo colazione. Ero seduto incastrato tra il tavolo, il muro, la credenza e mio fratello. Mi chiese con tono affettuoso e divertito: “come stai?” Io fissando la tazza di cereali con crusca e fibre, un po’ per farlo sorridere, ma soprattutto per raccontargli la mia avventura gli risposi: “STRETTO”
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dicleg [Giovanni Di Clemente] [17.06.2010 13:28] Fulvio, grazie per il sito da visionare! Non ci sono andato ancora e non so quando lo farò. Non mi piace molto andare in giro su Internet, se non ne ho la necessità; lo faccio soprattutto per lavoro. TOL è un'altra cosa!!! Quando vengo su questo sito, sono a Terranera!!! Non occorre dire altro. Il desiderio del mio paese è sempre presente in me. Non credo sia diverso per tutti i frequenatori che, amanti del nostro paese, sono lontani da esso. E' un legame continuo e forte che non si scioglie facilmente; penso che non si scioglierà mai. Se non sono lì, sarò lì e per sempre. Ciao!
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sbrvlizz [Fulvio Giuliani] [16.06.2010 23:58] grazie Gianni. anche da parte mia. se vuoi sorridere continuando a tenere il cervello acceso vai su: www.spinoza.it io sono "spinoziano" da tempo
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ciccio [Andrea Argentieri] [15.06.2010 19:28] Grazie davvero!
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dicleg [Giovanni Di Clemente] [15.06.2010 12:14] A chi non legge mai sul sito di Terranera.net (TOL): è vero, ormai si scrive poco perché ci sono pochi aggiornamenti e quindi poche visite.... però quando si scrive... Fulvio Giuliani ci ha dilettato in altri tempi del suo sapere! sempre molto, molto (come classificarlo?, commovente?, divertente?, in qualunque modo lo si voglia fare... l'aggettivo da dargli è sempre stato "molto"!)... Ora abbiamo un altro amico che ci diletta del suo sapere ... in altro modo che non quello di Fulvio, ma ... anche a lui non possiamo che - dobbiamo affibbiare l'aggettivo "molto"...!!! Non mi sento di “baciare” Andrea, come fa Anna Maria, ma la sensazione è la stessa… Grazie! Grazie per le parole che ci hai donato! Grazie per le sensazioni (bellissime) che hai fatto sentire a me, come a tutti coloro che ti hanno letto! Di questo sono sicuro! Ho letto questo articolo alcuni giorni or sono (quasi subito dopo l’inserimento) e, malgrado non sia intervenuto allora, le sensazioni provate mi hanno portato a rileggerlo altre volte, fino a ringraziarti pubblicamente oggi, come hanno fatto altri amici! In attesa di altro, spero molto altro ma andrebbe bene anche poco, ti ringrazio di nuovo… Però … Fù… quando mi farai di nuovo sorridere? Dicono che sia facile far piangere e molto più difficile far ridere! Visto che sei bravo in entrambe le cose… dài… dài… Un abbraccio!
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Anna [Anna Maria Santilli] [08.06.2010 15:05] E ora non ci lasciare senza ..."la pantsema". Lo sai che siamo malati di parole. Anche se , potendo scegliere, io vorrei che ti calassi nell'intesità della follia nera ...perchè..vorrei....mi piacerebbe... ancora...leggerti. Scrivere è come baciare. Solo senza le labbra..
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sbrvlizz [Fulvio Giuliani] [08.06.2010 11:15] sarà anche stata lunga l'attesa ma - diobbuono - ne valeva la pena. continua, Ciccio, su questa o su altre strade ma che ci sia un seguito, il dopo, il durante, il quellochetipare per il diletto che nasce dal leggere di un episodio, di per se insignificante, dove dentro c'è un pezzo di ognuno di noi che, dell'acquazza, ne abbiamo intrise le ossa...
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cattavone [Filippo Argentieri] [06.06.2010 20:04] Fratello sei un grande! Ieri sera sono tornato a dormire a casa mia...non sono più esule...
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zeppolotto [Attilio Morelli] [04.06.2010 23:20] Ho timore nello scrivere dopo la cascata di emozioni che Ciccio mi ha regalato... Ma sti c...i!!! Mi sono emozionato come non mi capitava da tempo... Grazie amico.... Grazie davvero
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Anna [Anna Maria Santilli] [02.06.2010 11:08] Alla faccia del..."segno" e delle idee raccolte.
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ciccio [Andrea Argentieri] [30.05.2010 22:58] THE FOG Durante le notti d’agosto a Terranera, dopo una certa ora, quando l’oscurità rende indistinguibile lo scorrere del tempo, nasce dal sottosuolo una fitta coltre di opaca luce gelida e maleodorante. Per i viandanti è semplicemente nebbia, ma per i nativi, naturalizzati, residenti, figli di residenti, aventi diritto allo sconto sulla tessera stagionale di campo felice e turisti affezionati, ha un nome preciso e inquietante “acquazza”. Qualcuno dice sia il freddo respiro delle Prata, che soffia per spegnere l’aria infuocata dalle vanità selvagge che durante il giorno infiammano il paese, costringendo chi non capisce che tali passioni offendono l’anima sobria e intima della notte, a ballare come ridicoli burattini una sorta di taranta al ritmo di violenti brividi. Altri sostengono sia la glaciale corrente d’aria proveniente dalla porta socchiusa sul futuro, questo perché, per sopportarne l’infida e penetrante invadenza, ci si affida al calore delle storie passate, avvolti in vecchie giacche dal profumo lontano, recuperate in chissà quale capsula del tempo. Il suo mistero avvelena l’anima come il senso di colpa. La sua essenza è un’oscura coscienza che rende ingorda la mente trascinandola alla follia, bianca o nera che sia (sarebbe più opportuno distinguere in allegria isterica e disperazione volontaria, ma apparirebbe già come un’interpretazione e, in queste storie, ciò che è interpretabile è solamente una divagazione fantastica). Follia bianca o nera sono comunque entrambe aberrazioni della realtà. Ogni immagine che resta dopo queste esperienze notturne è morbida e vaga, sotto una luce diffusa e artificiale in cui ogni cosa sembra essere in primo piano, probabilmente perché non se ne può ricordare l’effettiva collocazione. Dopo le serate in cui la si subisce, rimane stordimento, attutimento, vaghezza e un inconfessabile senso di inadeguatezza. Solamente con il racconto frenetico e assillante, l’aggiunta via via di diversi e dubbi particolari, nonché la compiacenza dell’ascoltatore, si può attenuare tale frustrazione. Solo attenuare! Non posso raccontare nel particolare gli avvenimenti delle storie che qui di seguito v’illustro, certi dettagli sono e devono rimanere custoditi nella tradizione orale. Avviene tutto dopo quel momento in cui si è sospesi tra un giorno e l’altro e lo slancio dell’euforia rende facile decidersi tra curiosità e stanchezza. Questo un episodio di follia bianca…. …. Il rifugio più sicuro era l’angolo di un’antica abitazione che terminava quasi sottoterra, tra rocce e ombre, passato e strapassato, mitologia e speleologia. Si raggiungeva lasciandosi sospingere dall’aria estiva ormai consumata che precedeva l’acquazza. Ci si affollava dentro prima che la sua nefasta carezza consumasse le ultime energie della giornata. Nel bicchiere il nettare dei poveri scivolava lento, prima per non spettinarsi con la frettolosa risalita e dopo per non perdere la rotta nella tortuosa strada che dallo stomaco ascende fin dietro gli occhi. Il suo colore era variabile il suo torpore costante, neanche la sua mediocre fragranza gli dava trasparenza. La strana commistione di questi e altri elementi come la luce soffusa, la particolare ossigenazione, l’ora tarda e la sovrabbondante contaminazione ambientale, conferiva alla bevanda una personalità unica, irripetibile in qualsiasi altro posto. Giochi e buongiochi scandivano il tempo tra considerazioni politiche e sociali, mentre in ogni angolo di quella spelonca tutti cercavano la posizione migliore per recuperare aria nell’atmosfera intrisa di primordiali aromi ancora sospesi. I quattro generali e i quaranta soldati, esaurite le loro strategie e, senza che vinti e vincitori avessero accettato il verdetto del campo di battaglia, si erano sistemati con gli altri su una linea immaginaria, molto irregolare, ad aspettare il proprio turno per vuotare ancora una volta il calice dei dannati. Ruggiti, canzoni, risa, corse improvvise e rientri furtivi, nuvole di fumo, formule magiche, jingle ridondanti e boccate d’aria fredda, questa era la confusa consistenza di cui erano intrisi i sensi. Le boccate d’aria diventavano sempre più frequenti, portando sempre più passeggeri dell’oscurità a sfidare la densa aria compressa dall’acquazza. Questo portò alla svolta improvvisa che non ci si aspettava. Nel chiaroscuro di quella notte apparve un fantasma, per maledire il tempo, l’idiozia, la mancanza di senno e di sonno, l’intruglio di spirito nei gusci di vetro e di voci nel sacco trasparente dell’aria, i rumori molesti e i riguardi maldestri, forse anche il grande architetto. Nessuno lo affrontò, rimanemmo impietriti a sperare che una qualsiasi casuale nota ridesse vita alla nostra ballata. Lo stupore attanagliò tutti gli astanti increduli e sconvolti, ma prima ancora che una qualche reazione potesse liberarci, lo spettro pronunciò parole solenni, con tono severo e greve, proprie di chi sa, quanto è profondo l’animo umano e quanto dolorose siano le conseguenze di un passo falso verso noi stessi. Lo vedemmo spuntare subito dopo che un sibilo sinistro misto di ferro e legno graffiasse l’aria ferma. La paura è un aspetto dell’ignoto e, quindi, quando la sua sentenza ruppe l’attesa, ci fu un innocente e ingenuo sollievo, tali parole ai presenti suscitarono un’unica, pressante, intima, impellente, immediata e non celata domanda: che cazzo sta a di’ quissu? Solamente l’incoscienza ci salvò, la leggerezza evitò che quello scontro diventasse uno schianto. Per completezza aggiungo una nota bizzarra, nel congedo in dissolvenza dell’evanescente creatura, forse per via dell’eccessiva pressione che comprimeva tutto, ci fu la chiusura dell’accesso sulla sua dimensione che sgretolò in un attimo il potere austero sprigionato dalla sua presenza. L’evidente imbarazzo si posò come vernice sull’essere rendendo, quasi materiale lui e rumoroso ogni sorriso. Solo il giocoso richiamo elettrico poté salvarlo, ma gli costò più del risarcimento richiesto. Sembrava, come ogni altra avventura di follia bianca, un salto oltre il mare immobile dell’inquietudine, l’incisione che libera dall’infettante malessere sottopelle, un fascio di luce che inchioda lo sguardo a un’inaspettata meraviglia, un sogno forte come un ricordo. Considerando quanto rari e stretti siano gli angoli del tempo in cui si possano lasciare crescere le esperienze per vederle maturare, quello spazio sembrava sterminato e protetto dalla sua stessa irraggiungibilità. In realtà proprio la sognante teatralità è la maledizione dell’acquazza, aria opaca che inganna l’intuito mostrando cose e persone dove non sono realmente. La sua è la condanna ad una prigione che si chiude sulle parole, quando rimangono dentro scompaiono nel disordine del loro stesso eco e quando sono fuori si perdono per la leggerezza del loro significato. L’acquazza camuffa la vergogna nell’entusiasmo, è la prima rinuncia, quella alla purezza che trascina con sé tutte le altre. La sua offesa rende l’allegro saluto a quello che avresti voluto essere, un malinconico addio all’agognato destino che apparterrà a qualcun altro. Naturalmente esiste la possibilità di evitare questa discesa vertiginosa verso le parti di noi stessi che riposano al buio, di difenderci dal morbo che non permette all’entusiasmo di farci correre, di conservare l’arroganza che consente la conquista e di trovare anche fuori da noi stessi quello che cerchiamo. In quelle sere d’agosto come si è soliti raccomandare a Terranera………….vatt’ a mette aju letto!!!! Sono costretto a interrompere perché il ricordo di certi avvenimenti è sfinente e l’episodio di follia nera è troppo intenso!!!
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ciccio [Andrea Argentieri] [27.05.2010 22:35] Caro sbrvlizz raccolgo le idee
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sbrvlizz [Fulvio Giuliani] [12.05.2010 18:14] lo confesso! sono molto incuriosito da "I notturni". Mi intriga "la pantsema" e "the fog". Come placo la mia sete di sapienza? Ciccio, please, dacci un segno.
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ciccio [Andrea Argentieri] [08.05.2010 11:42] La Giustizia è, dunque, una principessa imprigionata in una torre?......e noi Popolo dobbiamo decidere quali forti Cavalieri mandare a liberarLa per poi dividerci tra quelli che ammirano e che odiano chi alla fine se la fotte?. Mi si perdoni la sottile metafora, o anche no, ma spero che diventi percorribile il prima possibile la strada verso il collasso definitivo di tutte le organizzazioni politiche, presenti e passate e che ci si affidi a liste civiche per responsabilizzare e responsabilizzarsi direttamente del proprio voto. Non riceviamo più niente dalla tradizione di sinistra e di destra. Se in basso siamo arrivati è dal basso che dobbiamo ripartire, non ammettere questo vuole dire lasciare uno spirito animale affamato, impaurito e stanco in balia del primo passante che mostra di sapere bene dove andare (perchè fa la stessa strada tutti i giorni) con una ciotola piena di avanzi in mano (vedi lega, ma anche PDL). Bisognerebbe incominciare anche a chiedere i danni per chi ci tiene al palo da sempre in nome della tradizione cattolica, ma non vorrei esagerare, diverrei da ottimista sognatore. P.S. forse tutto questo non c'entra più un beneamato con quello che passa di qua, ma in piazza a Terranera è sempre facile vedere cose, animali e persone fuori posto, come me che sulla soglia dei 40 e senza figli sono ancora in giro con la macchina fotografica nel dì di festa.....le pupazze di pomeriggio.....vasi di fiori....gruppi di sostegno umorale.....una pecora in un 128 bordeaux* *episodio realmente accaduto da cui sono stati tratti un paio di raccconti fantastici della serie "I NOTTURNI" dal titolo "L'uomo che sussurrava agli agnelli" e "The Silence of the Lambs"; della stessa raccolta occorre citare "Il trattore della notte", "Non servire quei clienti", "et vist Diego?....Anto' mitt nu picchier intanto", "L'ha bevuto tutto e gli ha fatto male", "La luce nella casa dii Gesino", "La pantasema" e quello che più di tutti mette letteralmente i brividi "The Fog" meglio noto come "l'acquazza" che tutte le notti d'agosto avvolge e imprigiona chi si allontana dalla piazza.
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